Intervista SIR Sardegna: religiosità popolare e crisi sociale.


Il Pontificio Seminario Regionale Sardo ospita i giovani delle dieci diocesi della Regione. Affidata alla Compagnia di Gesù dal 1927 al 1970, la struttura è oggi diretta da don Antonio Mura. Negli ultimi trent’anni i seminaristi che vivono a Cagliari sono sempre stati attorno ai 60 (attualmente 62), fatta eccezione per una stagione particolare a cavallo di inizio millennio, quando il numero salì a 90. “Un tempo i seminari minori erano il bacino da cui proveniva la maggioranza dei giovani. Oggi è tutto cambiato – spiega Mura –, nella nostra comunità, ad esempio, abbiamo uno studente di 47 anni. Anche le storie personali sono assai diverse: si va da percorsi di conversione a persone che erano fidanzate. La propedeutica, allora, è un’opportunità di discernimento soprattutto per gli adulti”.

Tanti i giovani che entrano in seminario dopo esperienze personali o familiari difficili, senza dimenticare l’influsso di un individualismo diffuso: “La formazione potrebbe seguire anche percorsi personali, ma la Chiesa ha sempre sentito l’esigenza di una vita comunitaria che fosse laboratorio di relazioni. È impegnativo, però, confrontarsi con il soggettivismo che impera”.

Usciti dal seminario, poi, i sacerdoti devono ricordare che “non si può fare a meno di un percorso che riattivi continuamente le motivazioni, gli orientamenti e la dimensione di Chiesa in cui si vive. La formazione permanente non è semplicemente un aggiornamento teologico, ma una crescita interiore e umana”.

La Sardegna è attraversata da una lunga crisi sociale ed economica che, osserva il rettore, “sta dissanguando il mondo giovanile, costretto a emigrare per mancanza di lavoro. Si stanno spopolando interi paesi e le previsioni per il futuro sono terribili, spariranno decine di comunità”. In questo contesto, quali prospettive hanno i giovani sacerdoti? “C’è una grande ricchezza che ancora tiene ed è costituita dalle tradizioni ecclesiali e popolari, profondamente radicate nella storia di questa terra. La fede è viva ma c’è tanto da lavorare, perché la dimensione popolare ha bisogno di una continua evangelizzazione”.

(Tratto dal Sito di Informazione Religione)