61° Convegno Missionario Nazionale dei Seminaristi
Tante fiaccole, una sola Luce: il Vangelo
Dal 27 al 30 aprile, si è tenuto a Monreale il 61° convegno nazionale dei seminaristi, promosso dalla Pontificia Unione Missionaria (PUM). Sotto lo sguardo del grande Cristo Pantocratore, i centocinquanta seminaristi provenienti da tutta Italia hanno riflettuto sulla necessità dell’unità dei cristiani nell’Evangelizzazione. Sette seminaristi del Pontificio Seminario Regionale Sardo, accompagnati dall’animatore don Andrea Secci, hanno rappresentato tutti i seminaristi dell’isola sarda. Seppur il convegno abbia coinvolto i gruppi GAMIS dei vari seminari, l’unità dei cristiani riguarda tutta la Chiesa.
Don Michele Autuoro, direttore di Missio ha introdotto il convegno insieme a p. Ciro Biondi, segretario nazionale della PUM. Essi hanno spiegato il senso e l’importanza di un convegno dedicato al dialogo ecumenico nel mondo attuale, sottolineando che «Dialogare vuol dire ricercate assieme il bene comune».
La giornata del 28 si è aperta con la relazione di padre Claudio Monge, teologo domenicano che vive a Istanbul da 14 anni. Si può essere missionari senza essere dialogici? Così possiamo riassumere la provocazione della riflessione di p. Monge. Presenza, epifania, proclamazione: tre modalità della chiesa missionaria; tre modalità che ogni cristiano deve adottare perché tutti siamo inviati. Nel pomeriggio è intervenuto il professor Fulvio Ferraro, decano della facoltà valdese di Roma, presentando la forte attività ecumenica del teologo luterano Dietrich Bohoeffer.
Sabato 29, i seminaristi hanno assistito alla cosiddetta “tavola rotonda” nella quale sono intervenuti alcuni rappresentati di varie comunità cristiane presenti in Sicilia: il Pastore Andreas Latz della Chiesa Evangelica Luterana, il reverendo Dănuţ Băcăuanu della Chiesa Ortodossa Rumena, il Pastore Mauro Adragna della Chiesa Evangelica della Riconciliazione e il Pastore Peter Ciaccio della Chiesa Evangelica Valdese.
Dopo ogni relazione, i seminaristi si sono divisi in sei laboratori ed insieme hanno discusso e meditato sui vari temi sviluppati. “Una spiritualità dell’ascolto”, “progetto educativo”, “rinnovamento del tempo celebrativo”, “la ricerca dell’unità tra cristiani come testimonianza evangelica”, “formazione al e pratica del dialogo”; dentro questi laboratori i seminaristi hanno individuato anche alcuni punti da inserire in un documento che verrà presentato alla Conferenza Episcopale Italiana in preparazione al sinodo sui giovani del prossimo anno.
Le giornate sono state caratterizzate dalla Santa Messa, “fonte e culmine della vita cristiana”. Il “clou” del convegno è stato il momento di preghiera ecumenica all’interno della cattedrale di Monreale, conclusosi con un abbraccio di pace.
Per i seminaristi è stata senz’altro una bellissima esperienza. L’aver fatto amicizia con gli altri ragazzi di tutti i seminari d’Italia indica la bellezza e la grandezza dell’universalità della Santa Chiesa. «I giovani, specialmente i chierici, ben istruiti saranno in tutti i Paesi una forza magnifica per determinare le condizioni necessarie alla maturazione dell’unione, perché i giovani comprendono, sono generosi e non sanno rimanere indifferenti davanti ai grandi ideali della fede». Con le parole del beato Paolo Manna, ci auguriamo che questo convegno porti frutti abbondanti.
Giovanni Tanca, seminarista
Siamo stati circa in centocinquanta seminaristi, provenienti da tutta Italia, a partecipare al 61° convegno missionario nazionale dei seminaristi, che si è tenuto a Monreale dal 27 al 30 aprile scorso. Il tema sul quale quest’anno siamo stati portati a riflettere era “Evangelizzazione e unità dei cristiani”, qualcosa che è tanto caro al Santo Padre, ma che certamente non è mancato nel Magistero ad Egli precedente. Le Pontificie Opere Missionarie da anni si dedicano all’organizzazione di un evento così significativo e importante per dei giovani che si formano e preparano al ministero ordinato, che oggi più che mai è chiamato ad essere aperto a nuove realtà e a una molteplicità di personalità con cui confrontarsi. Credo che la positività di tali momenti è anzitutto la possibilità di condividere e anche discutere con chi vive una diversa sensibilità e fa parte di un diverso modo di pensare alla pastorale, sopratutto per la differenza che ciascuno porta con sé a causa della stessa area territoriale. Ma oltre questo, che è elemento essenziale per la stessa struttura del convegno, sono state importanti le provocazioni dei vari relatori: il prof. Padre Claudio Monge, missionario domenicano a Istanbul, nonché professore di Scienze e Teologia delle religioni e del dialogo interreligioso a Fribourg e il prof. Fulvio Ferrario, decano della Facoltà Valdese di Roma e pastore della Chiesa Valdese a Roma. I due ci hanno portato a riflettere su quello che è il valore del dialogo ecumenico e interreligioso, specie in una società sempre più multietnica e di conseguenza multi religiosa. Valore chiave da riscoprire è dunque il rispetto reciproco e la capacità di accoglienza vicendevole, che non vuol dire rinnegare se stessi e la propria fede, ma la capacità di saperci vedere amati da Dio e di conseguenza capaci di vedere Cristo presente nel fratello. Dialogare è un concetto non semplicemente cristiano, ma potremmo definirlo anche pienamente trinitario e per questo quanto mai necessario per uomini e donne che si dicono credenti e cristiani. Ma dialogo non vuol dire svendersi e non vuol dire che non esista la Verità, che sappiamo essere anzitutto Gesù Cristo e che per noi passa attraverso la Chiesa e il Suo Magistero, ma sappiamo anche che essa può essere compresa sempre meglio mediante il confronto e l’apertura all’altro, che porta l’Altro e all’Altro. Questo concetto è stato ben esplicitato nella relazione che ha offerto il prof. Ferrario, nel presentare la figura di Bonhoeffer che nel secolo scorso ha aperto in questo senso una via che prima di allora non era possibile considerare.
Altri momenti decisamente significativi sono stati la preghiera ecumenica nel meraviglioso Duomo di Monreale, che fu costruito ben prima che le Chiese si separassero come ha sottolineato l’arcivescovo Pennisi, ma anche la tavola rotonda tra rappresentanti di comunità cristiane e la visita alla comunità di Piana degli Albanesi. Come già sottolineato però, credo che decisamente importanti siano stati i vari laboratori che seguivano alle relazioni e che ci permettevano di discutere su tali problematiche, in che modo le sentiamo e le viviamo, ma anche in che modo la nostra formazione sia aperta a tali realtà. Da queste riflessioni è nato un documento che verrà presentato alla CEI come contributo in preparazione al prossimo Sinodo di ottobre, il cui tema è “Giovani, fede e discernimento vocazionale”, per cui ci sentiamo quanto mai chiamati in causa e vediamo la positività di una tale possibile riflessione. Sovente si sente dire che i convegni non risolvono niente e che restano semplicemente carta, ma credo che tanto oggi da giovani in formazione, quanto un domani da sacerdoti, se Dio vorrà, questi sono sempre e comunque occasione per aprire la mente e il cuore a chi la pensa in maniera diversa da te, ma che condivide lo stesso ideale di vita per esempio. Conoscere Cristo passa attraverso la conoscenza di altri, che aiutano a conoscere anche se stessi e questo vale tanto ad extra, quanto ad intra dei nostri contesti ecclesiali.
Ci auguriamo che questo sia un altro importante tassello per la nostra formazione seminaristica e speriamo di non stancarci di desiderare di crescere e condividere con altri tale desiderio e se Dio vuole, partecipare ancora a eventi che come questo ci portino a nuovi contesti di crescita.
Enrico Porcedda, seminarista (Tratto da “L’Arborense”)