Formazione pastorale del primo biennio: la Liturgia e la tradizione popolare.


Grazie, Mons. Franco Puddu per averci permesso di vivere una bella serata con te e con la comunità parrocchiale di N.S. delle Grazie in Sestu (Archidiocesi di Cagliari) dove vivi il tuo ministero di parroco.  I nostri lettori vorranno comprendere perchè esordiamo con questi ringraziamenti.

Il primo biennio del percorso seminaristico, in questa terza e ultima fase del cammino annuale di formazione, si interroga sul valore della liturgia nella vita della Chiesa. In particolare ci si chiede: come si può restaurare una Chiesa tenendo conto delle attuali norme liturgiche e della ecclesiologia sottostante? A questa complessa domanda abbiamo trovato interessanti risposte incontrando don Franco Puddu che dopo la S. Messa alla quale abbiamo partecipato, ci ha raccontato l’avventura degli anni durante i quali la Chiesa parrocchiale è stata ampliata, restaurata e liturgicamente adeguata. Siamo rimasti colpiti per il meticoloso studio riservato al Polo Liturgico e a tutti gli arredi utili per favorire il Celebrare. Tutti gli elementi della Chiesa, tutte le immagine, tutti gli arredi liturgici, manifestano attraverso simbolismi e in modo iconico, sprazzi di Storia della Salvezza. Indubbiamente siamo testimoni di un grande lavoro perché l’edificio Chiesa non sia solo un contenitore di popolo, ma certamente uno spazio che “narra l’opera della Salvezza”. Concludiamo la serata con un momento conviviale organizzato dal parroco insieme alla comunità. Grazie per l’accoglienza familiare e l’ opportunità formativa.

Ma non finisce qui. Domenica 1 maggio, con i seminaristi, ci inoltriamo nei meandri della citta di Cagliari, nel quartiere della parrocchia S. Anna, per vivere una porzione della Festa di Sant’Efisio Martire. Una grande festa di popolo. In questa occasione ci siamo posti delle domande per comprendere meglio il valore della Pieta Popolare come essa viene vissuta nelle nostre tradizioni religiose: da uno sguardo d’insieme della Festa di questa giornata, che valori positivi sono emersi rispetto alla tradizione popolare? Come essa viene vissuta dal popolo di Dio?

Quali limiti e rischi possiamo osservare?

Come si può migliorare per fare in modo che la festa popolare sia più aderente ad una autentica pietà religiosa da cui traspaia il Vangelo?

A queste domande i seminaristi cercheranno di dare risposta in queste prossime settimane.

Ma forse queste domande possono essere per tutti un’opportunità di riflessione. A tal proposito alleghiamo alcuni brani del Magistero della Chiesa.

“È ardente desiderio della madre Chiesa che tutti i fedeli vengano formati a quella piena, consapevole e attiva partecipazione alle celebrazioni liturgiche, che è richiesta dalla natura stessa della liturgia e alla quale il popolo cristiano, « stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo acquistato » (1 Pt 2,9; cfr 2,4-5), ha diritto e dovere in forza del battesimo. A tale piena e attiva partecipazione di tutto il popolo va dedicata una specialissima cura nel quadro della riforma e della promozione della liturgia. Essa infatti è la prima e indispensabile fonte dalla quale i fedeli possono attingere il genuino spirito cristiano, e perciò i pastori d’anime in tutta la loro attività pastorale devono sforzarsi di ottenerla attraverso un’adeguata formazione. Ma poiché non si può sperare di ottenere questo risultato, se gli stessi pastori d’anime non saranno impregnati, loro per primi, dello spirito e della forza della liturgia e se non ne diventeranno maestri, è assolutamente necessario dare il primo posto alla formazione liturgica del clero”. (SC 14).

“La religiosità popolare, che si esprime in forme diversificate e diffuse, quando è genuina, ha come sorgente la fede e dev’essere, pertanto, apprezzata e favorita. Essa, nelle sue manifestazioni più autentiche, non si contrappone alla centralità della Sacra Liturgia, ma, favorendo la fede del popolo che la considera una sua connaturale espressione religiosa, predispone alla celebrazione dei sacri misteri”. (Dal direttorio sulla pietà popolare, 4)

“Le espressioni della religiosità popolare appaiono talora inquinate da elementi non coerenti con la dottrina cattolica. In tali casi esse vanno purificate con prudenza e pazienza, attraverso contatti con i responsabili e una catechesi attenta e rispettosa, a meno che incongruenze radicali non rendano necessarie misure chiare e immediate”. (DPP, 5)

“§ 1. Il popolo sardo è sempre stato un popolo con una religiosità innata, intimamente e quasi pudicamente vissuta a livello personale, eppure manifestata ed espressa in forme artistiche e corali di grande e fervente celebrazione. Esso custodisce un suo millenario patrimonio di tradizioni religiose cristiane, armonizzando, secondo un proprio timbro inconfondibile, apporti provenienti nei secoli dal Nordafrica e dall’Oriente bizantino, dalla penisola italiana e da quella ispana. Per questo motivo il presente Concilio sente fortemente il dovere di esortare i fedeli della Sardegna a riconoscere con gratitudine il patrimonio di devozione cristiana che essi hanno ricevuto dai loro Padri e Madri nella fede e a ravvivare quella stessa fede” (Atti Concilio Plenario Sardo, 112).

Il Rettore e l’équipe educativa