Convegno per i formatori dei Seminari Regionali d’Italia


Convegno per i formatori

dei Seminari Regionali d’Italia

18 – 21 aprile 2017

 

Martedì 18 aprile 2017

  • Vespri presieduti da S.E.Mons. Angelo Spinillo, Vescovo di Aversa e Vice Presidente della CEI.

 

Mercoledì 19 aprile 2017

  • Eucaristia e Lodi presieduta da S.E.Mons. Corrado Lorefice, Arcivescovo di Palermo.
  • 1° Relazione: “Quale Chiesa? Chiesa, segni dei tempi e discernimento.” . S.E.Mons. Corrado Lorefice
  • 2° Relazione: “Quale giovane? La generazione dei ‘millennials’ di fronte alla scelta della fede: ‘piccoli atei crescono’? . Franco Garelli (sociologo).
  • Vespri presieduti da S.E.Mons. Gennaro Pascarella, Vescovo di Pozzuoli.

 

Giovedì 20 aprile 2017

  • 3° Relazione: “Discernimento e formazione: da evento puntuale a stile di vita per il ministero.”Mario Danieli S.J.
  • Introduzione ai laboratori: “Dal discernimento personale al discernimento comunitario: per una Chiesa sinodale.”Flavio Bottano S.J., Luisa Rossi.
  • Eucaristia con Vespri presieduta da S.E.Mons. Arturo Aiello, Vescovo di Teano-Calvi e Delegato della Conferenza Episcopale Campana per il Clero.

 

Venerdì 21 aprile 2017

  • 4° Relazione: “Formarsi alla comunione e alla corresponsabilità.” Stefano Gasseri di “SOVVENIRE”.
  • 5° Relazione: “Il presitero ‘uomo del discernimento’ nel magistero di Papa Francesco e nella nuova Ratio.”E.Mons. Jorge Patròn Wong, Segretario per i Seminari della Congregazione per il Clero.
  • Eucaristia conclusiva presieduta da S.E.Mons. Jorge Patròn Wong.

 


 

 

Si è svolto in questi giorni, a Napoli, il Convegno per i Formatori dei Seminari Regionali d’Italia, dove anche la nostra Equipe a potuto e desiderato partecipare. Il Convegno, ormai di tradizione annuale, si è svolto presso il Pontificio Seminario Campano Interregionale, nella sede provvisoria del Centro di Spiritualità Sant’Ignazio, PP. Gesuiti in Viale Sant’Ignazio di Loyola, 51, Napoli.

Siamo stati coinvolti in una intensa riflessione a partire dal tema: “EDUCARE A DISCERNERE: da discernimento personale al discernimento pastorale”.

A nome di tutta l’equipe formativa del Pontificio Seminario Regionale Sardo, desidero ringraziare P. Francesco Beneduce SJ – Rettore del Pontificio Seminario Campano Interregionale, la sua Equipe formativa e i Seminaristi in servizio per il Convegno, per l’ottima e familiare accoglienza, per la pronta disponibilità in ogni momento del percorso formativo e per la strutturazione di grande qualità, sia per le tematiche proposte, sia per la condivisione di elementi storici e culturali della Chiesa e della storia di Napoli, Pozzuoli e del territorio delle diocesi coinvolte. Il Convegno ha visto la partecipazione di illustri relatori che ci hanno permesso di approfondire il tema del discernimento da vari punti vista.

All’interno del Convegno, noi Rettori dei Seminari Regionali, ci siamo incontrati per programmare incontri delle equipe dei Formatori per il prossimo anno seminaristico 2017–2018. Tra questi incontri possiamo, fin d’ora e con gioia annunciare che il prossimo Convegno Nazionale dei Rettori e dei formatori dei Seminari Regionali d’Italia si terrà a Cagliari nella Comunità del nostro Pontificio Seminario Regionale Sardo.

Tra i vari interventi del Convegno desideriamo già ora condividere la relazione di S.E. Mons. Jorge Carlos Patrón Wong: «Il presbitero uomo del discernimento nel Magistero di Papa Francesco e nella nuova Ratio». Dopo un’introduzione sul significato della parola “discernimento”, il Segretario per i Seminari ha ripercorso il Magistero del Santo Padre e ha esposto gli orientamenti della nuova Ratio Fundamentalis sul tema. 

IL RETTORE PSRS

Don Antonio Mura

 


 

 

Venerdì 21 aprile 2017

Relazione “Il presbitero ‘uomo del discernimento’ nel magistero di Papa Francesco e nella nuova Ratio.”

RELATORE: S.E. Mons. Jorge Carlos Patrón Wong

L’annuale Convegno per i Formatori dei Seminari Regionali, che quest’anno viene ospitato qui a Napoli, è diventato ormai un importante “luogo” di approfondimento e di scambio sui temi della formazione sacerdotale. A motivo di ciò, vorrei anzitutto ringraziare ciascuno di voi per l’impegno che portate avanti nei Seminari, nonché portarvi il cordiale saluto del Prefetto della Congregazione per il Clero, il Card. Beniamino Stella.

Cogliendo un aspetto fondamentale della vita spirituale del cristiano, fortemente presente nell’attuale Magistero, quest’anno avete scelto di soffermarvi sul tema del discernimento personale e pastorale. Questo aspetto della vita spirituale e dell’azione pastorale è spesso sottolineato dal Magistero di Papa Francesco e, non a caso, rientra nella fisionomia del Sacerdote descritta dalla nuova Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis.

Per condividere con voi, perciò, questo tema, vi proporrei tre piccoli passaggi:

  1. un’introduzione generale su che cos’è il discernimento e sulla sua importanza;
  2. una riflessione sul presbitero “uomo del discernimento” nel Magistero di Papa Francesco;
  3. infine, il compito del discernimento personale e pastorale del Sacerdote così come viene descritto nella nuova Ratio.

 

  1. Che cos’è il discernimento

Vorrei introdurmi al tema richiamando l’attenzione sul tempo di grazia che, oggi, stiamo vivendo nella Chiesa; infatti, riprendere dalla ricca tradizione spirituale cristiana il tema del discernimento e metterlo al centro del cammino della fede, significa offrire a ogni battezzato la possibilità di vivere la fede come una realtà integrata con gli aspetti concreti della vita quotidiana e di intenderla non già come un sistema dottrinale rigido e chiuso, ma, piuttosto, come il respiro della relazione con un Dio che illumina le nostre scelte e accompagna il nostro cammino per realizzare pienamente la nostra umanità.

Se al centro del percorso di vita spirituale, prima delle norme e delle opere da compiere, l’accento è posto sul discernimento, allora la fede diventa un affascinante pellegrinaggio alla ricerca della volontà di Dio, nel quale lentamente scopriamo il progetto che il Signore ha su di noi e il modo con cui Egli ci parla e ci guida attraverso i piccoli segni della vita di ogni giorno e della realtà.

Che cos’è, infatti, il discernimento? Discernere significa giudicare la propria vita e la realtà secondo i criteri dello Spirito e, perciò, nella luce della fede; parliamo di un dono spirituale, che ci rende sensibili alle mozioni interiori dello Spirito, le quali ci mettono a contatto con l’agire di Dio nella nostra vita e ci fanno scoprire, progressivamente, la sua volontà.

Si tratta quindi di raggiungere quella “conoscenza spirituale” che ci fa “vedere oltre”, ci conduce al di là delle apparenze e ci spinge a un’interpretazione di noi stessi e della realtà che supera i semplici criteri umani; in tal modo, diventiamo capaci di superare le illusioni e le menzogne che talvolta pretendono di ispirare i criteri-guida del nostro agire e, in definitiva, di entrare, comprendere e accogliere la volontà del Signore sulla nostra vita e i modi con cui Egli ce la rivela attraverso i segni dei tempi, cosicché il nostro operare possa essere – come afferma San Paolo – integro e irreprensibile: “La vostra carità si arricchisca sempre più in conoscenza e in ogni genere di discernimento, perché possiate distinguere sempre il meglio ed essere integri ed irreprensibili per il giorno di Cristo, ricolmi di quei frutti di giustizia che si ottengono per mezzo di Gesù Cristo, a gloria e lode di Dio” (Fil 1,9-11).

Conoscere e discernere, come afferma Paolo, serve a “distinguere il meglio” per poter portare frutti di giustizia e di amore; è interessante che un vocabolario italiano – il Nuovo Zingarelli del 1990 – alla voce “discernimento” dica: “vedere in modo distinto, distinguere, giudicare”. Sono tre azioni che richiamano le parole di San Paolo: discernere, cioè, è un “vedere in modo distinto”– quindi nella luce della fede – tutto ciò che si presenta in modo a volte confuso davanti alla mia anima e di fronte alla mia vita; poi differenziare, cioè distinguere le cose, gli eventi e, prima ancora, le sensazioni e i desideri che mi abitano dentro; e, infine, giudicare, partendo dalla relazione personale con Dio e dall’orizzonte del Suo progetto sulla mia vita, cosa conviene accogliere e cosa, invece, rifiutare o trasformare.

Come si può ben capire, si tratta di un’arte capace di aprire alla verità i sensi e la mente di chi la pratica, facendoci andare oltre il conformismo, la rigidità delle ideologie, le sirene della moda e la mediocrità del “così fanno tutti”, che talvolta diventa l’unico criterio dietro al quale ci muoviamo; il discernimento, invece, offrendoci la possibilità di uno sguardo più profondo e spirituale su noi stessi e sulle cose, ci rende interiormente liberi: “Non conformatevi a questo mondo – scrive l’Apostolo Paolo – ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto” (Rm 12,2).

Come esplicitazione di quanto appena detto, occorre precisare due criteri fondamentali, senza i quali il discernimento non può attuarsi;

  1. occorre che vi sia un contatto autentico e profondo con se stessi e, quindi, una buona capacità, serenità e maturità nel saper leggere e decifrare onestamente il proprio io, i propri sentimenti e i propri desideri;
  2. non è possibile operare un vero discernimento spirituale se non è coltivata, in modo costante e fedele, un’autentica relazione con Dio, nello spirito della preghiera e nell’ascolto della Parola;

Senza il primo aspetto, la spiritualità diventa disincarnata e, cioè, la vita di fede viene sganciata dall’esistenza quotidiana e dalla storia reale della persona che è, invece, un luogo privilegiato dell’incontro con Dio; senza il secondo aspetto, invece, sotto la parola “discernimento” si nasconderebbe una vaga e non ben precisata analisi introspettiva o psicologica, un guardarsi dentro più in base a criteri di tipo personale, sociologico o psicologico che, invece, rispetto alla volontà di Dio e alle ispirazioni della Sua Parola.

In sintesi, il discernimento è il vero punto di contatto tra preghiera e azione, tra spiritualità e vita, tra fede e storia; ma ciò esige che vi siano contemporaneamente un attento ascolto di se stessi nella ricerca della propria umana realizzazione e un profondo ascolto della Parola di Dio, che orienta la vita al di là dei semplici gusti personali, in relazione a Dio e al fine ultimo della nostra vita.

Sant’Ignazio di Loyola, maestro del discernimento spirituale, afferma infatti che, in origine, vi sono sempre tre pensieri fondamentali nell’uomo: uno suo proprio e due che derivano dall’esterno; quest’ultimi, sono provenienti uno dallo spirito buono e l’altro da quello cattivo. Tali influssi esterni agiscono su di noi: discernere significa imparare a riconoscere quelli positivi, che alimentano le forze del nostro cammino verso la volontà di Dio e, perciò, verso la pienezza della libertà e della gioia, e quelli negativi che, invece, ostacolano e condizionano la nostra vita.

La vita spirituale, perciò, esige il discernimento, dal momento che essa consiste principalmente nel mettersi in ascolto di Dio perché, alla luce della Sua Parola, rigettato il male, maturi in noi la sequela di Cristo; nelle parole sintetiche e concrete di Ignazio: “Per far trionfare il regno di Dio è necessario innanzi tutto comprendere a fondo le realtà in cui siamo immersi. Il mondo non è altro che la rappresentazione di due forze in conflitto tra loro: Dio, che vuole salvo ogni uomo, e Satana, che vuole impedire tale evento e che quindi cerca con ogni mezzo di ingannare, fuorviare l’uomo, allontanandolo dalla Verità di Dio”.

 

  1. Il presbitero “uomo del discernimento” nel Magistero di Papa Francesco

In questo senso, il tema che avete scelto è di notevole importanza: il prete è “uomo del discernimento” perché a lui è affidata, principalmente, la responsabilità di prendersi cura del popolo di Dio, aiutando i credenti a maturare questa arte del discernere, perché diventino capaci di giudicare gli aspetti della propria vita e della storia con gli occhi del Signore e di agire nella verità del Vangelo.

Il Magistero della Chiesa ha spesso sottolineato questo compito pastorale a cui i Sacerdoti sono chiamati, vedendo in essi non dei funzionari che dirigono una qualsiasi organizzazione e né dei semplici capi che impongono dall’alto regole e norme religiose, quanto, piuttosto, Pastori che s’impegnano e offrono la vita per la crescita del gregge nella fede, facilitando in ogni credente l’incontro con il Signore e la capacità spirituale di cogliere, nella propria vita, gli impulsi e i desideri dello Spirito. Si tratta, cioè, di educare a discernere, così come avete efficacemente scritto nel titolo del Convegno. Infatti, già la Presbyterorum Ordinis afferma: “Spetta ai sacerdoti, nella loro qualità di educatori nella fede, di curare, per proprio conto o per mezzo di altri, che ciascuno dei fedeli sia condotto nello Spirito Santo a sviluppare la propria vocazione personale secondo il Vangelo, a praticare una carità sincera e attiva, ad esercitare quella libertà con cui Cristo ci ha liberati. Di ben poca utilità saranno le cerimonie più belle o le associazioni più fiorenti, se non sono volte ad educare gli uomini alla maturità cristiana. Per promuovere tale maturità, i presbiteri sapranno aiutarli a diventare capaci di leggere negli avvenimenti stessi – siano essi di grande o di minore portata – quali siano le esigenze naturali e la volontà di Dio” (PO, n. 6).

Essere guide capaci di aiutare le persone a diventare abili nel riconoscere la vita dello Spirito e la presenza di Dio nell’esistenza quotidiana è quanto mai necessario, dal momento che – come afferma sempre lo stesso Concilio in Gaudium et spes – anche se i fedeli laici si aspettano dai Sacerdoti luce e forza spirituale, è importante che “Non pensino però che i loro pastori siano sempre esperti a tal punto che, ad ogni nuovo problema che sorge, anche a quelli gravi, essi possano avere pronta una soluzione concreta, o che proprio a questo li chiami la loro missione; assumano invece essi, piuttosto, la propria responsabilità, alla luce della sapienza cristiana e facendo attenzione rispettosa alla dottrina del magistero” (GS 43).

In tal senso, il discernimento richiesto al ministero pastorale del Sacerdote è, in realtà, un compito che riguarda tutta la Chiesa e la sua missione nel mondo; infatti, come ricorda il Santo Padre all’inizio di Amoris laetitia – seppur sia necessaria un’unità di dottrina e di prassi, la Chiesa deve tener conto della complessità e delle sfumature dell’esistenza concreta delle persone, nonché del pluralismo culturale attualmente in atto e delle sfide sempre nuove che vengono poste alla fede stessa.

Essa camminerà nella storia, ricordando che il suo primo dovere “non è quello di distribuire condanne o anatemi, ma è quello di annunciare la misericordia di Dio” (PAPA FRANCESCO, Discorso a conclusione dei lavori della XIV Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi, 24 ottobre 2015), contemplando come sia possibile “che esistano diversi modi di interpretare alcuni aspetti della dottrina o alcune conseguenze che da essa derivano. Questo succederà fino a quando lo Spirito ci farà giungere alla verità completa (cfr Gv 16,13), cioè quando ci introdurrà perfettamente nel mistero di Cristo e potremo vedere tutto con il suo sguardo” (AL, n. 3).

Lo stile della sinodalità e della collegialità, che Papa Francesco auspica nelle Chiese locali (cfr. EG, n. 16), dovrebbe cogliere proprio questa sfida: essere una Chiesa che non pretende anticipatamente di avere una risposta su tutto, spinta “da un desiderio sfrenato di cambiare tutto senza sufficiente riflessione” o, di contro, “dall’atteggiamento che pretende di risolvere tutto applicando normative generali” (AL, n. 2), ma, invece, una Comunità credente che cerca di accompagnare i diversi passaggi della vita, specie quelli più complessi e difficili, con la luce del Vangelo e lo stile di una compassionevole accoglienza.

Ai Pastori, perciò, è richiesta la capacità umana e spirituale di entrare nella storia concreta delle persone a loro affidate, camminando con il Popolo di Dio, e condividendo le speranze e le ferite di ciascuno; nella luce della fede – afferma Papa Francesco in Evangelii gaudium – essi devono offrire uno sguardo di vicinanza, che sa “commuoversi e fermarsi davanti all’altro, tutte le volte che sia necessario” (EG, n. 169).

Togliendosi i sandali davanti alla terra sacra dell’altro – continua il Santo Padre – i ministri ordinati sono chiamati all’arte dell’accompagnamento, considerando che la vita di ogni persona è un mistero non del tutto comprensibile e, insieme, una realtà aperta alla grazia di Dio; nel farsi fratello di cammino, il Sacerdote saprà esercitare un vero discernimento delle situazioni, esercitando la prudenza, la pazienza, l’ascolto e la comprensione degli altri e, soprattutto, adottando verso di loro una pedagogia graduale che, passo dopo passo, introduca le persone al mistero di Dio e le aiuti a fare scelte libere e responsabili (cfr. EG, n. 171-172).

Papa Francesco ha richiamato l’importanza del Sacerdote come uomo del discernimento, soprattutto nell’Esortazione Apostolica Post-Sinodale Amoris laetitia, dal momento che il Sinodo ha affrontato la vocazione al matrimonio e la realtà familiare, aprendo un ampio confronto anche su quelle situazioni di vita che, per ragioni di vario ordine, sono segnate dalla fragilità.

Il Santo Padre chiede soprattutto ai Pastori di superare la tentazione di un accomodamento in una normativa generale; infatti, per quanto occorre e sia necessaria una prassi canonica che stabilisca delle norme, nella vita delle persone esiste “un’innumerevole varietà di situazioni concrete” rispetto alle quali “É possibile soltanto un nuovo incoraggiamento ad un responsabile discernimento personale e pastorale dei casi particolari” (AL, 300).

I Presbiteri dovranno avere un cuore aperto verso la storia concreta delle persone, considerando anche i molti condizionamenti che, talvolta, pur in presenza di una retta coscienza, impediscono un’adesione totale alle esigenze del Vangelo; esercitando un attento e prudente discernimento, soprattutto verso le situazioni di vita più complesse o ferite, egli sarà in grado di mostrare il volto di una Chiesa che accompagna, discerne e integra le fragilità, aiutando al contempo le persone a orientarsi e a comprendere la loro situazione davanti a Dio.

Per fare ciò – afferma Papa Francesco – “Un Pastore non può sentirsi soddisfatto solo applicando leggi morali a coloro che vivono in situazioni “irregolari”, come se fossero pietre che si lanciano contro la vita delle persone. È il caso dei cuori chiusi, che spesso si nascondono perfino dietro gli insegnamenti della Chiesa «per sedersi sulla cattedra di Mosè e giudicare, qualche volta con superiorità e superficialità, i casi difficili e le famiglie ferite»…Il discernimento deve aiutare a trovare le strade possibili di risposta a Dio e di crescita attraverso i limiti. Credendo che tutto sia bianco o nero, a volte chiudiamo la via della grazia e della crescita e scoraggiamo percorsi di santificazione che danno gloria a Dio”. (AL, n. 305).

L’esperienza di questo accompagnamento, nello stile compassionevole di Gesù e nella logica della misericordia pastorale, deve aiutare gli stessi fedeli laici a diventare interiormente liberi, maturi e capaci di discernimento; infatti, ancora oggi, afferma il Papa, “Stentiamo anche a dare spazio alla coscienza dei fedeli, che tante volte rispondono quanto meglio possibile al Vangelo in mezzo ai loro limiti e possono portare avanti il loro personale discernimento davanti a situazioni in cui si rompono tutti gli schemi. Siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di sostituirle” (AL, 37).

Il prete che ha in mente Papa Francesco, dunque, guarda le persone del Popolo a lui affidate con gli occhi del buon samaritano; vincendo la tentazione dell’indifferenza e di una devozione separata dalla vita, si ferma senza fretta ai bordi della strada e si prende cura delle ferite di ognuno; con misericordia e compassione riscalda il cuore dei fedeli e cammina nella “notte oscura” con loro, dialogando, ascoltando e illuminando con il Vangelo il loro buio (cfr. Papa Francesco, Intervista a La Civiltà Cattolica, 16 settembre 2013).

Parlando alla Comunità de La Civiltà Cattolica, nel febbraio scorso, Papa Francesco ha affermato che “Questo nella Chiesa e nel mondo è il tempo del discernimento. Il discernimento si realizza sempre alla presenza del Signore, guardando i segni, ascoltando le cose che accadono, il sentire della gente che conosce la via umile della cocciutaggine quotidiana, e specialmente dei poveri. La sapienza del discernimento riscatta la necessaria ambiguità della vita. Ma bisogna penetrare l’ambiguità, bisogna entrarci, come ha fatto il Signore Gesù assumendo la nostra carne. Il pensiero rigido non è divino perché Gesù ha assunto la nostra carne che non è rigida se non nel momento della morte” (Papa Francesco, Incontro con la Comunità di “La Civiltà Cattolica”, 9 febbraio 2017).

Perciò, al Sacerdote è richiesto questo “saper entrare nella carne” del Popolo, senza avere timore “del mare aperto” e senza cercare “porti sicuri” ma, invece, abitando le inquietudini della storia e delle persone a loro affidate, come uno che “È in grado di spalancare visioni ampie anche in spazi ristretti…aprendo con l’immaginazione spazi aperti, cupole e corridoi, lì dove ci sono solo tetti e muri” ( Papa Francesco, Incontro con la Comunità di “La Civiltà Cattolica”, 9 febbraio 2017).

 

  1. Il discernimento personale e pastorale del Sacerdote nella Ratio Fundamentalis

La nuova Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis ha raccolto gli impulsi dell’attuale Magistero sul tema del discernimento, inserendolo nella più ampia visione di una formazione integrale, volta a unire con armonia le quattro dimensioni principali: umana, spirituale, intellettuale e pastorale.

Tale cammino formativo dura per tutta la vita. Il Documento, infatti, soffermandosi sull’immagine del discepolato, molto cara a Papa Francesco, afferma che la formazione abbraccia l’intera durata della vita, nella sua fase iniziale e in quella permanente, in una costante e quotidiana riappropriazione della vocazione e del Mistero di Cristo.

Infine, nell’integrazione delle diverse dimensioni e nell’esperienza del discepolato permanente, i Seminari sono chiamati a essere luoghi che formino Pastori innamorati del Signore, che abbiano, perciò, le sue stesse “viscere di misericordia” verso il Popolo di Dio.

Come ha ricordato Papa Francesco parlando al Clero della diocesi di Roma, il 6 marzo 2014, abbiamo bisogno di preti che “si commuovono davanti alle pecore, come Gesù, quando vedeva la gente stanca e sfinita…Gesù ha le “viscere” di Dio…: è pieno di tenerezza verso la gente, specialmente verso le persone escluse, cioè verso i peccatori, verso i malati di cui nessuno si prende cura… Così a immagine del Buon Pastore, il prete è uomo di misericordia e di compassione, vicino alla sua gente e servitore di tutti. Questo è un criterio pastorale che vorrei sottolineare tanto: la vicinanza. La prossimità e il servizio, ma la prossimità, la vicinanza!… Chiunque si trovi ferito nella propria vita, in qualsiasi modo, può trovare in lui attenzione e ascolto…Il prete è chiamato a imparare questo, ad avere un cuore che si commuove”.

Ma queste peculiarità, che dovrebbero contraddistinguere la figura del presbitero, hanno bisogno di una proposta educativa personalizzata, mirata e graduale, nonché di un accompagnamento spirituale personale, che favorisca una reale maturazione interiore e un’acquisizione dei tratti specifici sacerdotali, a immagine del Buon Pastore.

L’accompagnamento spirituale, dunque, è al centro del processo formativo e la Ratio ne sottolinea l’importanza proprio in ordine al discernimento: “I seminaristi, nelle diverse tappe del loro cammino, hanno bisogno di essere accompagnati in modo personalizzato da coloro che sono preposti all’opera educativa, ciascuno secondo il ruolo e le competenze che gli sono proprie. Lo scopo dell’accompagnamento personale è quello di operare il discernimento vocazionale e di formare il discepolo missionario” (RF, n. 44).

È necessario formare preti che siano abili nell’arte del discernimento, in duplice senso: il discernimento su se stessi e quello pastorale in riferimento al Popolo di Dio. Se discernere – come già ricordato – significa “vedere oltre” e, quindi, essere capaci di cogliere gli impulsi della vita spirituale, nonché la voce e la presenza del Signore nella vita quotidiana, allora il Sacerdote non può essere privo di questo dono.

Chiamato a configurarsi a Cristo e a servire i fratelli nell’azione pastorale, il Pastore deve sviluppare questa importante attitudine spirituale.

Se questo importante compito è una chiamata per tutti i Sacerdoti, lo è in particolare per coloro che svolgono il loro servizio ministeriale nel campo della formazione sacerdotale. Infatti, i formatori dei Seminari, quali voi siete, svolgono un preziosissimo lavoro nell’ambito del discernimento vocazionale, che ha degli effetti e delle ricadute su tutta la vita ecclesiale diocesana e regionale.

Anche voi formatori, cioè, esercitate il discernimento pastorale, accompagnando e verificando la vocazione sacerdotale dei giovani; a voi è richiesto – come ricordato dal Santo Padre – lo sguardo del buon pastore, “attento, non frettoloso, capace di fermarsi e leggere in profondità…”, capace di attenzione e vigilanza sia nella fase iniziale del processo vocazionale, che nelle tappe l’ordinazione: “quando si tratta delle vocazioni sacerdotali e dell’ingresso in Seminario, vi prego: fate discernimento nella verità, abbiate uno sguardo accorto e cauto, senza leggerezze o superficialità” (PAPA FRANCESCO, Discorso ai partecipanti del Convegno Internazionale di Pastorale Vocazionale, 21 ottobre 2016).

La nuova Ratio richiama più volte tale imprescindibile necessità del discernimento sia nella selezione dei candidati per l’ingresso in seminario, che al termine di ogni tappa; insieme al buon rendimento accademico, i formatori valuteranno la crescita della maturità umana, i progressi della vita spirituale, la disposizione verso la carità pastorale e tutti gli altri elementi ritenuti fondamentali per un profilo sacerdotale idoneo. Questo prezioso servizio di discernimento, peraltro, è lo scopo principale dell’accompagnamento spirituale (cfr. RF, n. 44) e non deve mai ridursi a un atto meramente burocratico e formale (cfr. RF, n. 204); i formatori devono aiutare il seminarista a leggere la propria storia, a scendere in profondità nella vita interiore, a saper decifrare gli impulsi dello Spirito e, così, a “vedere più chiaramente” la propria vita e la volontà del Signore, verificando con onestà le proprie motivazioni vocazionali.

La Ratio, perciò, afferma che la formazione sacerdotale dovrà aiutare ciascun seminarista a diventare “capace di interpretare la realtà della vita umana alla luce dello Spirito, e così scegliere, decidere e agire secondo la volontà divina” (RF, n. 43), integrando la propria storia nella vita spirituale.

L’obiettivo è maturare un profilo sacerdotale zelante e disciplinato, appassionato e creativo, capace di ascoltare la propria coscienza e di far interagire in modo sereno gli aspetti della propria vita con le esigenze radicali del ministero.

Si tratta di un lavoro che richiede “un’attenta cura della propria interiorità, attraverso la preghiera personale, la direzione spirituale, il contatto quotidiano con la Parola di Dio, la “lettura credente” della vita sacerdotale insieme agli altri presbiteri e al Vescovo, e tutti gli strumenti utili a coltivare le virtù della prudenza e del giudizio. In questo permanente cammino di discernimento, il sacerdote saprà decifrare e comprendere le proprie mozioni, i doni, i bisogni e le fragilità” (RF, n. 43), così da poter fare in tutto la volontà di Dio.

Assumendo questa capacità di “visione interiore” e guardando se stesso con tenerezza, egli impara ad andare incontro alle situazioni del Popolo, anche quelle più complesse, con la stessa compassione di Cristo. Così, come “uomo del discernimento”, egli saprà farsi vicino alla gente e accompagnare con pazienza il cammino delle persone, soprattutto quando vivono situazioni difficili.

La Ratio chiede “Una formazione che renda i futuri sacerdoti esperti nell’arte del discernimento pastorale, cioè capaci di un ascolto profondo delle situazioni reali e di un buon giudizio nelle scelte e nelle decisioni…Nell’ascolto attento, rispettoso e privo di pregiudizi, il Pastore diventerà capace di una lettura non superficiale e non giudicante della vita degli altri…egli svolgerà il suo ministero in uno stile di serena accoglienza e di vigile accompagnamento di tutte le situazioni, anche di quelle più complesse, mostrando la bellezza e le esigenze della verità evangelica, senza scadere in ossessioni legaliste e rigoriste. In tal modo, saprà proporre percorsi di fede attraverso piccoli passi, che possono essere meglio apprezzati e accolti. Egli diventerà così segno di misericordia e di compassione, testimoniando il volto materno della Chiesa che, senza rinunciare alle esigenze della verità evangelica, evita di trasformarle in macigni, preferendo guidare con compassione e includere tutti” (RF, n. 120).

Si tratta di una grande sfida formativa del nostro tempo; infatti, a proposito della scelta del tema del prossimo Sinodo – che avrà al suo centro: i giovani, la fede e il discernimento vocazionale – Papa Francesco ha affermato: “Il discernimento accomuna la questione della formazione dei giovani alla vita: di tutti i giovani, e in particolare, a maggior ragione, anche dei seminaristi e dei futuri pastori. Perché la formazione e l’accompagnamento al sacerdozio ha bisogno del discernimento. Al momento è uno dei problemi più grandi che abbiamo nella formazione sacerdotale. Nella formazione siamo abituati alle formule, ai bianchi e ai neri, ma non ai grigi della vita. E ciò che conta è la vita, non le formule. Dobbiamo crescere nel discernimento. La logica del bianco e nero può portare all’astrazione casuistica. Invece il discernimento è andare avanti nel grigio della vita secondo la volontà di Dio. E la volontà di Dio si cerca secondo la vera dottrina del Vangelo e non nel fissismo di una dottrina astratta. (Papa Francesco, Il Vangelo va preso senza calmanti. Conversazione con i Superiori Generali, La Civiltà Cattolica I, 2017).

Pochi giorni fa, parlando alla Comunità del Collegio Spagnolo di Roma, Papa Francesco ha esortato i sacerdoti a formarsi in modo integrale; non basta avere un titolo accademico, né ci si può accontentare del minimo. Per essere Sacerdoti a immagine di Gesù Buon Pastore – ha affermato il Santo Padre citando la nuova Ratio Fundamentalis – occorre la disponibilità a diventare “discepoli a tempo pieno per «annunciare, in modo credibile e comprensibile per l’uomo di oggi, il messaggio evangelico» (Ratio, n. 116). A questo punto, è importante crescere nell’abitudine del discernimento, che vi permette di valorizzare ogni istante e ogni mozione, persino ciò che appare opposto e contraddittorio, e vagliare ciò che viene dallo Spirito; una grazia che dobbiamo chiedere in ginocchio. Solo partendo da questa base, attraverso i molteplici compiti nell’esercizio del ministero, potrete formare gli altri in quel discernimento che porta alla Risurrezione e alla Vita, e vi permette di dare una risposta consapevole e generosa a Dio e ai fratelli”.

Invochiamo dal Padre celeste, allora, questo dono. Imploriamolo nella preghiera costante e fiduciosa rivolta al Signore. E chiediamo a Lui di donarci le forze e gli strumenti necessari per essere formatori pieni di entusiasmo nel forgiare i futuri preti, aiutandoli a essere discepoli del Maestro e uomini del discernimento spirituale.

 


 

 

S.E. Mons. Jorge Carlos Patrón Wong

Segretario per i Seminari 

S.E. Mons. Jorge Carlos Patron Wong è nato nella città di Merida, Yucatan, in Messico, il 3 gennaio 1958.  Nel Seminario di Yucatan ha studiato filosofia e teologia.

E ‘stato ordinato sacerdote il 12 gennaio 1988 per l’arcidiocesi di Yucatán. Dal 1988 al 1993 ha studiato presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma, dove ha conseguito una doppia specializzazione in Psicologia e Teologia Spirituale.

Ha insegnato presso il Centro di Studi Superiori Marista, è stato cappellano presso l’Università Marista a Merida, cappellano dell’Apostolato Serra e coordinatore della Commissione “Media e Comunicazione” e formatore in Seminario. 

Dal 2000 al 2009 è stato Rettore del Seminario Teologico di Yucatan e tra il  2003 e il 2008 è stato Presidente dell’organizzazione dei seminari Messicani (OSMEX); tra il 2004 e il 2009 Presidente dell’Organizzazione latinoamericana dei Seminari (OSLAM).

Papa Benedetto XVI lo ha nominato Vescovo Coadiutore della diocesi di Papantla il 15 ottobre 2009. Ha ricevuto la sua ordinazione episcopale il 15 dicembre 2009.

Papa Benedetto XVI lo ha nominato VII° Vescovo VII di Papantla nella regione di Veracruz il 2 Maggio 2012. E stato eletto Presidente della Commissione Episcopale per le Vocazioni ei Ministeri (CEVyM) per il ciclo 2012-2015, e membro del Devym (Dipartimento delle Vocazioni e Ministeri) del CELAM (Consiglio Episcopale Latino-americano) per il periodo 2011-2015.

Il 21 settembre 2013, Papa Francesco lo ha elevato alla dignità di Arcivescovo e nominato Segretario per i Seminari della Congregazione per il Clero.