Due serate “un cuore solo e un’anima sola”, con Maria!

Quest’ultimo periodo la Congregazione Mariana ha vissuto diversi momenti di preghiera, formazione, incontro e fraternità, soprattutto in vista delle Professioni Semplici e Solenni di alcuni congregati.

Mercoledì 19 maggio i congregati che si preparavano a emettere la Professione Semplice, e coloro che l’avevano già vissuta gli scorsi anni, hanno trascorso un’intera serata insieme, visitando dapprima le Monache Carmelitane scalze del monastero “Nazareth del Verbo Incarnato ” a Quartu S.E. e successivamente Don Mario Pili e la comunità parrocchiale di san Pantaleo in Dolianova.
Lunedì 24, invece, gli altri congregati che si apprestano a concludere il percorso in Seminario e a emettere la Professione solenne sono stati in ritiro nella Chiesa di San Michele a Cagliari, guidati dalle meditazioni e dalla testimonianza di Padre Enrico Deidda sj.

Abbiamo rivolto qualche domanda a diversi congregati sulle due serate e sul loro cammino da Congregati mariani in Seminario. Essi sono Leonardo Piras, seminarista al II anno, Lorenzo Vacca, III anno, Riccardo Sanna, IV anno, e Rosario Mesina, seminarista al VI anno.

Lorenzo, perché la scelta di essere in Congregazione Mariana in Seminario? Come il cammino nel gruppo aiuta il tuo percorso di formazione al presbiterato?

Da sempre il mio cammino cristiano è stato accompagnato dalla presenza materna della Vergine Maria. La preghiera del Rosario mi è stata trasmessa da bambino dalla mia cara nonna materna e da allora è mia fedele compagna, strumento per guardare Gesù, andare da Gesù e parlare con Gesù attraverso Maria. Entrare in Congregazione Mariana è servito per sottolineare ulteriormente tutta questa dimensione di cammino verso il Signore, primariamente in vista alla vita ministeriale del Sacerdote. Maria è così: madre, compagna di viaggio, consolatrice nelle prove; lei diventa la sintesi perfetta per poter vivere ciò che un domani la Chiesa mi chiederà di annunciare: Cristo risorto! L’esperienza della congregazione non è solitaria ma possiede una forte dimensione comunitaria: è una fraternità, come il collegio degli apostoli. Penso all’esempio degli apostoli perchè al centro tra loro c’era Maria: con lei hanno camminato, con lei hanno aspettato la Risurrezione, con lei la Pentecoste e con lei l’annuncio del Vangelo. Voglio vedere così l’esperienza della Congregazione: la condivisione tra i congregati dell’esperienza di vita cristiana, alla presenza di Colei che in silenzio e umiltà ci porta al Signore, perché siamo “un cuor solo e un’anima sola“.

Mercoledì 19 maggio, in preparazione alle professioni semplici avete trascorso un momento di incontro con le monache carmelitane scalze del monastero “Nazareth del Verbo Incarnato”. Leonardo, come hai vissuto questo momento? In che modo la testimonianza di una claustrale può aiutare nel percorso di formazione al presbiterato diocesano? Come nel tuo cammino di congregato Mariano?

Direi che l’ho vissuto con apertura di cuore e disponibilità all’ascolto. E non sono rimasto deluso, visto che le sorelle hanno voluto dedicarci un’ora abbondante. La nostra “riflessione dialogata” ha preso le mosse dal brano lucano dell’Annunciazione, fil rouge della serata, per proseguire col magistero dei papi e i testi tipici della spiritualità carmelitana.
Le sorelle claustrali ci ricordano continuamente che l’anima di ogni attività, sia essa pastorale, formativa, intellettuale, è sempre e solo il rapporto con la persona di Gesù Cristo.
Esse non possono certamente pregare al posto nostro, tuttavia il loro ministero di intercessione mi ricorda le mani alzate di biblica memoria (cfr. Es17,8-16) e mi assicura un continuo ed efficace sostegno spirituale.
La testimonianza della comunità del monastero “Nazareth del Verbo Incarnato” mi ha consegnato due parole: entusiasmo e sobrietà. Al mio cammino in questa realtà così preziosa per la comunità del Seminario auguro queste due caratteristiche nel promuovere una sana spiritualità mariana attraverso momenti di preghiera e proposte formative.

Sempre Mercoledì, Riccardo, avete incontrato, poi, un presbitero diocesano. Come incarna nella sua missione tra la gente il passo lucano “Maria si alzò e andò in fretta”? Che relazione tra la sua testimonianza e la testimonianza delle Monache carmelitane?

In un primo istante, sembrerebbe inconcepibile e distante l’unione tra queste due forme di vita: una forma di vita cristiana attiva e vissuta nel mondo, incarnata dalla figura del presbitero diocesano, e una forma di vita legata, in un modo del tutto speciale e particolare, alla contemplazione del mistero di Cristo e di Maria, specificata proprio da quanto ci hanno testimoniato le Carmelitane.
Tuttavia, un aspetto certamente fondamentale che unisce vita attiva e contemplativa è la preghiera; e questo aspetto si è reso fortemente visibile esattamente nell’istante in cui tutti insieme, noi seminaristi insieme alle carmelitane , ci siamo tutti riuniti in comunione, vivendo proprio un momento di preghiera che ci ha resi “un cuore solo e un’anima sola” (At 4, 32) attorno a Maria.
Allora è proprio la preghiera quella forza che è capace di uscire da noi stessi e dal luogo in cui ci troviamo per raggiungere tutti, per unire vicini e lontani, vita contemplativa e vita attiva. Penso allora che sia proprio questa l’azione che ci rende forti e capaci, sull’esempio di Maria, di “alzarsi e andare in fretta”, verso l’altro.
Forse dovremmo allora considerare e ri-valutare la grande forza della preghiera: forza che, ispirata da Dio, viene proferita da noi e raggiunge poi tutto il mondo; non rimane in noi, ma si diffonde, corre da un estremo all’altro del mondo e porta a tutti l’aiuto e la vicinanza costante di Dio. In questo senso, sull’esempio di Maria che “si alzò e andò di fretta”, si potrebbe dire che ciò che unisce la testimonianza di un presbitero diocesano e quella delle carmelitane è proprio l’immagine contemplativa di Maria: Maria è “preghiera” che corre, che si muove e raggiunge tutti, portando a tutti, come ha fatto con Elisabetta, il dono più bello: il suo Figlio Gesù.

Invece lunedì 24, come futuri professi solenni avete trascorso una serata di ritiro in compagnia di Padre Enrico Deidda sj. Rosario, cosa ti porti dietro alla fine del tuo percorso in Seminario di quanto vissuto in Congregazione Mariana? Padre Enrico ha spronato a “esortarci a vicenda alla scuola di Maria”. Come incarnare questo nel percorso di formazione comunitaria e, per te, nella tua futura missione di presbitero?


“Beata perché hai creduto”. Maria è la discepola per eccellenza.

Il credere di Maria non è un credere altalenante. lei è “la pisteusasa”, colei che ha creduto e crede perché, dopo aver vissuto lei la sequela, ora ci accompagna nel medesimo cammino.
E’ bello, dunque, camminare insieme a lei, peregrinare con lei, seguirla imitandone l’ esempio che conduce a Cristo. Ella ci mostra la dimensione della sequela di Cristo; seguendo Maria, entriamo in relazione con Cristo, è lei stessa ad insegnarci come è costruita questa speciale relazione tra Madre e Figlio.
Nella vita presbiterale, tale dinamica risalta nell’esperienza di figliolanza nei confronti di Maria, Madre di Cristo e della Chiesa. Questa figliolanza permette al sacerdote di essere prosecutore dell’opera del Figlio attraverso l’esperienza dell’ascolto della volontà di Dio di cui Maria, nella sua divina maternità, è modello ammirabile.
Al termine di questo percorso formativo, vorrei esprimere il mio grazie a te Maria, Madre e modello di ogni vocazione. Mettendomi alla tua sequela ho avuto modo di conoscerti meglio e, conoscendo te, crescere nel rapporto col tuo Figlio Gesù. Sono stati veramente tanti i momenti di preghiera e di fraternità in Congregazione che hanno accresciuto la mia fede e devozione. Un grazie a tutti i Congregati mariani che negli anni si sono succeduti. In compagnia di Maria abbiamo avuto modo di crescere assieme alla sua scuola, scuola di fede, di umiltà, di obbedienza e di carità.
Il mio camino non si conclude qui, certamente non finisce lasciando il Seminario ma, seppure in forme e modalità differenti, esso continua sempre sub tuum praesidium!

Al termine delle due serate la gioia di tutti i partecipanti era palpabile, soprattutto di questo tempo, in cui tutti siamo più desiderosi del solito di relazioni, incontri, sguardi, di pregare insieme. Maria è davvero capace di essere mezzo di comunione, lei, Madre dell’Eucarestia!

a cura di Marco Ruggiu, Sem.