Sabato 27 maggio, il Pontificio Seminario Regionale Sardo ha vissuto una delle giornate culmine dell’anno seminaristico.
Presso la cappella del seminario, durante la Santa Messa presieduta da Monsignor Antonello Mura, vescovo delle diocesi di Nuoro e di Lanusei, concelebrata da Mons. Corrado Melis, vescovo di Ozieri, Mons. Mosè Marcia, vescovo emerito di Nuoro, dal Rettore Don Riccardo Pinna, dall’equipe formativa e da tanti sacerdoti provenienti dalle diverse parti dell’isola, la Chiesa sarda ha avuto in dono dodici nuovi ministri istituiti.
Massimo Craba, Sebastiano Marrone, Giovanni Pudda, Giuseppe Terrosu, Massimiliano Rizzo della diocesi di Ozieri e Alessandro Mesina e Alessandro Sale, della diocesi di Nuoro, hanno ricevuto il ministero dell’accolitato.
Antonio Nicola Rubanu e Giovanni Sanna della diocesi di Nuoro, Giuseppe Demontis, della diocesi di Ozieri ed Enrico Muscas e Leonardo Piras della Arcidiocesi di Cagliari, hanno invece ricevuto il ministero del lettorato.
Durante l’omelia il vescovo ha toccato tanti punti importanti e ha posto l’accento sul servizio: “La mia riflessione vuole farsi interprete di alcune parole [della liturgia] del giorno che sono state donate a noi, ma vuole essere anche un invito pressante a voi giovani, presto lettori e accoliti, di riconoscervi in questo dono a nome della Chiesa e di testimoniarlo con franchezza e senza nessun impegno. Nella lettura si parla di Paolo, ma attraverso di lui queste parole arrivano fino a noi: voi siete la dimostrazione, e questo dovete anche dimostrare, che è il servizio a fare la vocazione, non il contrario. Non si prende un cammino, una vocazione, un ministero e poi si dice “adesso devo servire”, ma è perché servo che posso anche vivere quel ministero e quella vocazione”.
Mons. Mura ha poi continuato la sua omelia facendo riferimento al discepolo che Gesù amava, Giovanni, e ha sottolineato come Gesù aveva sentimenti diversi, anche da dimostrare, e non li nascondeva: “Certo, amava tutti, ma questa universalità – dobbiamo dirlo – non cancellava sfumature, empatie, sintonie, sussulti diversi verso una persona. A volte nella Chiesa, anche nel ministero, non solo quello di lettore e accolito, anche quello di diacono e di presbitero e di vescovo, pensiamo che la dedizione alla Chiesa coinvolga solo lo Spirito, quasi che lo Spirito non abiti un corpo. Così il rischio è uno solo: quello di costruire manichini dello Spirito tutti uguali, tutti amati allo stesso modo, quasi fossero degli stampini. Dire che c’era il discepolo che Gesù amava dimostra che anche il Signore, non solo non cancella i sentimenti, ma che il cuore, l’immediatezza dei sentimenti, l’amorevolezza del tratto deve emergere e non deve essere annullato. Vi invito, cari amici, di dare spazio nella vostra vita e nel vostro servizio a un’interiorità non costruita a tavolino, ma grazie al vostro cuore”
Andrea Pelgreffi, sem.