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Questo il tema tratto dal cap. 9 del Vangelo di Matteo che ha guidato il 62° Convegno Nazionale Missionario dei Seminaristi, svoltosi a Padova dal 12 al 15 aprile scorsi.
Anche la Chiesa Sarda, rappresentata da 12 seminaristi appartenenti al gruppo di animazione missionaria e dall’assistente don Carlo Rotondo, ha dato il suo contributo e la sua testimonianza di fede, condivisa insieme ad altri 170 giovani provenienti dai seminari maggiori d’Italia, dal Collegio Urbano di Roma e dal seminario di Scutari (Albania).
Sotto la sguardo benevolo di Sant’Antonio, accolti dall’equipe formativa e dai seminaristi di Padova, siamo stati invitati a riflettere sul dono e la responsabilità della missione, cercando di fare nostro lo sguardo di Gesù sull’uomo e sulla sua storia: sguardo di compassione per una messe abbondante di 7,5 miliardi di persone che è come pecore senza pastore (cfr. Mc 6,34).
Diversi testimoni, laici e consacrati, sono intervenuti per condividere le gioie e le speranze, i dolori e le angosce di una Chiesa che vuole essere missionaria. Essi ci hanno fatto riflettere sulle sfide che il mondo attuale presenta e sulla risposta che la Chiesa è chiamata a dare. Dalle condivisioni nei gruppi di lavoro è emerso che non può esistere azione esterna efficace senza contemplazione interiore (cfr. Von Balthasar), questa contemplazione è la relazione con il Signore che ci ha chiamati, al quale chiediamo di darci il suo sguardo, per poter guardare tutte le strade con i suoi occhi, poiché non c’è strada del mondo dove non sia possibile incontralo. È necessario che noi come Chiesa torniamo alla compassione di Gesù, essa prima che virtù morale è attitudine esistenziale, un vivere con–passione, condividendo tutto con il Maestro.
Compassione è avere lo sguardo proteso all’altro, alle bellezze ed alle professionalità del mondo. In questo la formazione seminaristica deve mirare a farci appassionare al mondo ad extra, a farci incarnare sempre più in una messe che grida forte. La missione non ha come obiettivo principale particolari terre o contesti sociali, essenzialmente è appello alle coscienze dove Dio aspetta l’uomo per parlare con lui. Per questo motivo come seminaristi che si preparano al sacerdozio, non possiamo dimenticare che la prima forma di compassione è nella preghiera di intercessione per il popolo, dolce e grave responsabilità nei confronti della messe: il seminarista/sacerdote è uomo della messe, scelto tra la messe, per la messe.
Queste e altre riflessioni ci hanno accompagnato durante il convegno, permettendoci, nel confronto con altri giovani in cammino, di apprezzare la formazione che riceviamo e di portare nel nostro seminario la freschezza e la novità di una Chiesa che respira a pieni polmoni, anche oltre i nostri confini geografici.
Ringraziamo i centri missionari diocesani e l’equipe formativa del Seminario per aver sostenuto e incoraggiato l’iniziativa, permettendoci di partecipare al convegno per formarci e formare i nostri compagni, stringere relazioni, rincontrare amici. Soprattutto ci è stata data la possibilità di costruire ponti di preghiera che ci collegano spiritualmente a tutti i seminaristi. A noi e a tutti, l’augurio di essere preti con–passione, che suscitino negli altri la domanda stupita: “ma chi glielo fa fare?”, e così, poterci rincontrare un giorno nel Regno dei Cieli e raccontarci le meraviglie d’Amore che Dio ha compiuto attraverso il nostro ministero.
Il gruppo GAMIS